Il 14 febbraio 2023 si è tenuto a Milano, presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale (FTIS), un convegno i cui atti sono ora pubblicati da Glossa nella collana «Disputatio». Il titolo fa subito intuire l’oggetto della ricerca a più voci: il rapporto tra economia e morale. Come spiega nell’Introduzione il curatore del volume, don Massimo Epis, che della FTIS è stato preside dal 2016 al 2024, la fede non può porsi «in una condizione di sostanziale estraneità rispetto ai vissuti concreti della comunità civile. Anche la mera giustapposizione avrebbe il sapore di un irenismo retorico, se non di un moralismo ipocrita (come nel caso di una demonizzazione a priori, salvo poi procedere comunque a fare “affari col diavolo”). In ogni caso, sarebbe del tutto sterile una contrapposizione tra la ratio oeconomica e il logos della fede» (VIII). Alberto Bisin, docente alla New York University, propone considerazioni metodologiche per andare oltre gli stereotipi: «La massimizzazione dell’utilità, che determina il comportamento degli agenti nella gran parte dell’analisi economica, non è affatto una glorificazione dell’egoismo» ma «è equivalente all’ipotesi che gli agenti agiscano razionalmente nelle loro scelte» (8). Inoltre, «la massimizzazione dei profitti ha un ruolo fondamentale perché delinea con chiarezza il ruolo dell’impresa come meccanismo allocativo di beni e servizi; ma ha un ruolo ancora più fondamentale nel definire le condizioni necessarie e sufficienti al buon funzionamento del meccanismo stesso» (10).Elena Beccalli, rettrice dell’Università cattolica del Sacro Cuore, riflette sul concetto di sostenibilità, enunciato per la prima volta da Hans Carl von Carlowitz nell’opera Sylvicultura Oeconomica nel 1713 a proposito dell’utilizzo, appunto sostenibile, delle risorse forestali della Sassonia. Conclusivamente propone che «accademia e analisti chiariscano come sia possibile tradurre l’articolato concetto di sostenibilità in metriche non solo oggettive ma anche confrontabili», raccomandando inoltre di «non tralasciare il nesso tra sostenibilità ambientale e sociale per evitare ulteriori disuguaglianze a discapito proprio della sostenibilità sociale» (30). Davide Maggi, docente all’Università del Piemonte orientale e alla sezione torinese della FTIS, riflette sul concetto di responsabilità nel contesto dell’attuale interdipendenza tra le persone, i popoli e le generazioni, tenendo conto delle tre dimensioni che «caratterizzano la postmodernità: la complessità dei sistemi sociali ed economici; la globalizzazione dei processi economici, sociali e culturali; l’orizzontalità dei sistemi organizzativi» (38). Robert Maier, che insegna a Piacenza e Parma, esamina i nodi critici tra economia e antropologia: la contaminazione «fra la razionalità economica e la comprensione dell’esperienza» (63), la natura simbolica del denaro, il paradigma della sostenibilità. Il saggio più corposo, «I beni e il legame sociale», è affidato al sacerdote novarese Pier Davide Guenzi, presidente nazionale dell’Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM) e consultore del Dicastero per la dottrina della fede. Valorizzando l’apporto della dottrina sociale della Chiesa, della letteratura circa il concetto di dono e della prospettiva dei beni relazionali, il contributo si conclude rimarcando che «la libertà non è sprezzante autarchia» (145) ma soggiace «a ogni regolata commutazione nel suo rimando al codice immemore della fiducia reciproca per cui pacta sunt servanda» (146). Insomma, in discussione è il rapporto tra l’autodeterminazione dei singoli e la corresponsabilità politica, tra l’ideale di benessere e il limite delle risorse. In questo spazio di immaginazione la teologia non interviene con formule e modelli precostituiti, ma con una specifica sensibilità nei confronti del destino della persona e dell’ambiente in cui vive. Le categorie di responsabilità, sostenibilità, bene comune assumono una centralità nel progettare un paradigma economico diverso da quello neoliberista. Papa Francesco ha commentato il 16 dicembre scorso (ricevendo in udienza le delegazioni di alcuni istituti bancari italiani): «Quando la finanza calpesta le persone, fomenta le disuguaglianze e si allontana dalla vita dei territori, tradisce il suo scopo. Diventa, direi, un’economia incivile: le manca la civiltà (…) Ogni volta che l’economia e la finanza hanno ricadute concrete sui territori, sulla comunità civile e religiosa, sulle famiglie, è una benedizione per tutti. La finanza è un po’ il “sistema circolatorio”, per così dire, dell’economia: se si blocca in alcuni punti e non circola in tutto il corpo sociale, si verificano infarti e ischemie devastanti per l’economia stessa. La finanza sana non degenera in atteggiamenti usurai, in pura speculazione e in investimenti che danneggiano l’ambiente e favoriscono le guerre».
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